Riconoscere uno Stato è come giocare a Risiko, ma con armi vere e vite umane.
La teoria dei giochi, quella scienza che studia se decidiamo di collaborare o scannarci, dice una cosa semplice: se cambi le regole del gioco, allora cambiano le strategie.
Chi spinge per il riconoscimento dello Stato palestinese, crede che questa sia la mossa finale, il silver bullet al sionismo, la risposta messianica per un medioriente pacificato.
Ovviamente, non è così semplice.
Lasciamo da parte la discussione pluridecennale sul tema (e lasciamo da parte pure l’opinione di scrive, e le banali domande che gli sorgono: quali confini? quale capitale? quale moneta? quale banca centrale? quale governo? quale struttura burocratica?), e concentriamoci sul qui e ora. Molti governi stanno spingendo per il riconoscimento della Palestina. Macron, Starmer, e Sanchez sono in prima fila per portare Francia, UK, e Spagna a fare il passo. Pare senza condizioni. Il governo italiano sembra intenzionato a farlo se si avvereranno alcune condizioni (rilascio degli ostaggi in primis).
La teoria dei giochi ci dice che è un errore, che sia fatto senza condizioni, o (forse ancor peggio) condizionandolo a certi avvenimenti. Gli attori del gioco hanno sempre incentivi a comportarsi un modo anziché in un altro. Affinché l’equilibrio venga raggiunto, gli incentivi devono essere chiari e condivisi.
Riconoscere la Palestina sarebbe come pagare un riscatto al rapitore di tuo figlio sperando che tra un mese non si porti via anche tua sorella. “Non si tratta con le BR” è stato il leitmotiv degli anni di piombo, “non si tratta con le mafie” lo ha seguito a ruota: lo Stato ha vinto queste battaglie mostrando fermezza.
Se mostri debolezza o ti pieghi alle richieste, diventi un target continuo, e nessuno si accontenta mai del tuo primo pezzo. Se dai una mano, ti prendono il braccio. Se paghi il pizzo il primo mese, entri nel libro contabile.
Nel contesto palestinese, riconoscere uno Stato senza controlli, accordi chiari e possibilità di applicare sanzioni credibili rischia di alimentare la spirale perversa di richieste sempre più estreme, alimentando tensioni e conflitti invece di risolverli.
Il problema vero nel trovare l’equilibrio mediorientale è che Hamas, che governa Gaza, non vuole niente di meno dell’annullamento dello stato ebraico. L’altro principale attore, il governo israeliano, vuole trovare l’equilibrio cancellando dall’equazione la stessa Hamas. Se cambi il gioco, allora cambiano le strategie.
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