La Federal Reserve, banca centrale degli Stati Uniti, ha lanciato un allarme inflazione, prevedendo che questa rimarrà sopra l’obiettivo del 2% fino almeno al 2028.
Questa previsione di un’inflazione persistente per quasi un decennio rappresenta un segnale cruciale per l’economia globale e ha ripercussioni dirette anche per l’Europa e l’Italia.
Un’inflazione protratta in territorio elevato costringe la Federal Reserve a mantenere i tassi di interesse alti più a lungo, una scelta che rallenta la crescita economica e condiziona i mercati finanziari internazionali. Questo si traduce in un effetto domino che da Washington arriva fino a Bruxelles e Roma, influenzando i corsi valutari, i costi di finanziamento e le politiche monetarie europee.
Tassi USA elevati possono rafforzare il dollaro rispetto all’euro, rendendo le esportazioni europee meno competitive. Inoltre, alzare i tassi oltreoceano può spingere verso rialzi anche da parte della Banca Centrale Europea, con conseguenze su mutui, prestiti, e investimenti nel Vecchio Continente.
Il quadro si complica ulteriormente se si considerano i prezzi delle materie prime e l’incertezza geopolitica, soprattutto la questione Ucraina: fattori che possono alimentare ulteriormente la pressione inflazionistica