Italia meglio di Francia e Germania, ma…

Italia meglio di Francia e Germania, ma…

Nell’ultima settimana è circolata con insistenza la voce secondo cui l’Italia starebbe superando “economicamente” (sic!) Germania e Francia. Un’affermazione che, seppur fondata su alcuni dati reali, è largamente sopravvalutata, e non corrisponde a un cambio strutturale di passo. La realtà, secondo le fonti ufficiali, è più complessa e sfumata.

Secondo la Commissione Europea, la crescita del PIL italiano nel 2025 si attesterà intorno al +0,5%, certamente superiore al +0,0% stimato per la Germania ma comparabile al +0,6% previsto per la Francia (Commissione Europea, Previsioni autunno 2025). Questi dati indicano una crescita debole, ben lontana dal ritmo occhieggiato come possibile vantaggio competitivo. L’Italia naviga quindi in acque lievemente migliori della stagnazione tedesca.

L’Italia ha già quasi raggiunto la Francia in termini di spread, con una valutazione del rischio simile, nonostante i livelli di povertà assoluta. Questa infatti coinvolge circa 5,7 milioni di persone, mentre in Francia supera i 13 milioni, con popolazioni complessive comparabili. Altro fattore determinante per questo risultato è forse anche una maggiore stabilità politica (mirabile dictu) rispetto ai cugini d’oltralpe.

L’Italia ha anche superato la Francia in termini di PIL pro capite a parità di potere d’acquisto, grazie a prezzi più bassi e a una dinamica demografica con calo della popolazione che aumenta il valore pro capite, ma questo non significa necessariamente una ricchezza nazionale maggiore.

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI), nel suo World Economic Outlook di aprile 2025, conferma questo quadro descrivendo l’Italia come una nazione alle prese con bassa produttività e rigidità strutturali, che frenano qualsiasi vera accelerazione economica.

Nel dettaglio, il confronto numerico è chiaro: mentre l’Italia cresce a un ritmo modesto, la Germania mostra stagnazione e la Francia una crescita contenuta ma stabile. Il dato reale italiano si pone al centro di una classifica europea dove la media di crescita è più elevata, specialmente trainata da economie più dinamiche come quella irlandese o spagnola.

Sul piano del debito, il problema si fa ancor più visibile. Nel 2024, il rapporto debito/PIL dell’Italia era fermo a un preoccupante 134,9% (Banca d’Italia), mentre Germania e Francia si mantengono rispettivamente intorno al 70% e al 118% (dati Eurostat). Questa significativa differenza plasma il quadro macroeconomico, imponendo all’Italia rigore fiscale rigoroso per evitare crisi future. Il ministro dell’Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, ha dichiarato in Parlamento che la riduzione del deficit verso il 3% e il taglio della spesa interessi sul debito creeranno margini di manovra essenziali, ma si tratta di sacrifici che richiedono tempo e volontà politica.

Il FMI, da parte sua, evidenzia l’urgenza di portare l’avanzo primario a circa il 3% del PIL entro il 2027 per garantire la sostenibilità del debito e scongiurare instabilità finanziarie.

Sul fronte del lavoro, l’Italia presenta un tasso di occupazione pari al 67,4% (Eurostat 2025), distante dagli standard tedeschi (81,3%) e francesi (75,6%). Questo divario segnala inefficienze strutturali nel mercato del lavoro italiano: eccessiva protezione dei posti consolidati, rigidità normative e alti costi gravano sull’assunzione e la crescita produttiva. E’ però vero che l’Italia mostra miglioramenti significativi nell’occupazione, con posti di lavoro aumentati e disoccupazione ai minimi da 18 anni, va proseguito il lavoro in questo senso.

La Commissione Europea ribadisce che per stimolare occupazione e produttività in Italia è necessario aprire il mercato del lavoro, ridurre la burocrazia, e promuovere una concorrenza più libera. Il protrarsi di una regolamentazione rigida rischia di esacerbare problemi di lungo termine, aggravati dalla rapida diminuzione della popolazione attiva e dall’invecchiamento demografico.

L’Italia deve ancora liberarsi di pesi e retaggi di un’economia troppo statalizzata e protezionista. Per trarre vantaggio dall’attuale contesto internazionale, il Paese ha bisogno di riforme decisive: liberalizzazione del lavoro, taglio del debito pubblico, e promozione della libera iniziativa privata.

La strada è arci-nota, la volontà politica è sempre mancata in tutti i governi da dopo De Gasperi. Il governo attuale gode di largo consenso, lo può usare per cambiare finalmente il Paese.

  • Fonti:
    Commissione Europea, Previsione Economica Autunno 2025; Fondo Monetario Internazionale, World Economic Outlook Aprile 2025; Banca d’Italia, Relazione Debito Pubblico 2024; Eurostat, Dati Occupazione e PIL 2025.

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